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29 giugno 2012 5 29 /06 /giugno /2012 11:12

malattia-mentale.jpg

 

"Le Parole sono come pallottole, usale con cura" cit.

 

All'interno dell'Approccio Strategico viene utilizzato il termine "presunte psicosi" poiché convinti che la diagnosi di psicosi sia nella maggior parte dei casi una diagnosi errata che facilita il crearsi, da parte dei familiari e degli operatori addetti alla salute una vera e propria "profezia che si autoavvera". L'assumere sin dall'inizio che un paziente sia psicotico significa "etichettarlo" e quindi rimanere intrappolati in una credenza che non permette alcuna possibilità di trattamento.

Lo psicologo clinico deve sempre adoperarsi per alleviare la sofferenza del paziente e di coloro che gli stanno attorno, anche quando tali casi sono considerati clinicamente non trattabili. Definendo il paziente come psicotico si crea, invece, la condizione in cui sia lo psicologo sia coloro che sono vicino al paziente, verranno inevitabilmente sopraffatti da una sensazione d'incapacità e impotenza nei confronti della patologia.

La parola "presunta" è già essa stessa sia terapeutica che ambivalente; da un lato, infatti, instaura un dubbio sia nel paziente che nei familiari, dall'altro getta un raggio di speranza accompagnata dalla sensazione che qualcosa può essere fatto. 
Se il trattamento ha successo e il paziente supera la sintomatologia psicotica, possiamo dunque affermare che non si trattava di un caso di psicosi. Molti sono stati i casi di pazienti diagnosticati come psicotici che, mediante interventi strategici, hanno completamente risolto la loro presunta psicosi.


Nel dire ciò non stiamo affermando di essere in grado di curare pazienti psicotici, ma bensì che attraverso interventi risolutivi è stato dimostrato come molti pazienti non fossero afflitti da una reale psicosi ma dai sintomi invalidanti che sono associati a tale disturbo.

 

www.Psicologo-Enricochelini.it 

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24 giugno 2012 7 24 /06 /giugno /2012 00:32

bigburger

 

"Al di là dell'amore e dell'odio per il cibo" Giorgio Nardone

 

Il termine "dieta paradossale" è stato coniato dal prof. Nardone per indicare un particolare tipo di dieta basata sul piacere e non sul controllo forzato.

 

Osservando che la maggior parte delle diete non riescono a mantenere nel tempo i risultati raggiunti, si è rilevato come la ragione del fallimento risieda nel fatto che si basano tutte sull'idea del controllo, della limitazione e del sacrificio; questo le rende prima o poi insopportabili poiché vanno a interferire pesantemente con la sensazione fondamentale su cui si basa il rapporto dell’uomo con il cibo: il piacere. 

 

La dieta paradossale permette di uscire da questa trappola (basata sul controllo) mettendo proprio la sensazione del piacere a fondamento del programma alimentare, rendendolo così efficace e persistente nel suo equilibrio.

 

L’ Organizzazione alimentare della Dieta Paradossale è articolata in vari passi:

 

Il primo, definito delle "piacevoli fantasie”: guida la persona a orientare le proprie fantasie nella direzione dei cibi più desiderati, evocandone le sensazioni, per poi scegliere cosa mangiare durante la giornata; si tratta di un'autoinduzione suggestiva in cui le tentazioni, ovvero delle piccole trasgressioni alimentari, diventano una possibile scelta volontaria e non più una perdita di controllo scaturendo abbuffate. 

 

Il secondo passo consiste nel concedersi di mangiare, nei tre pasti principali, solo e soltanto quello che piace di più, curando il momento del pasto in tutti i particolari, in modo tale da renderlo il più gradevole possibile.

 

In virtù di questo, a partire da un’iniziale scelta dei cibi un tempo “proibiti”, la persona scopre che, una volta concessi, questi non sono più così desiderabili.

 

Nel lungo periodo la dieta paradossale si trasforma così nel risveglio delle più naturali disposizioni verso il cibo, facendo sì che le necessità orientino le scelte e che ciò che piace coincida con ciò che fa bene. Ultimo gradino fondamentale di questa organizzazione è l’integrazione nella propria vita di un’attività motoria, anch’essa scelta con il criterio della piacevolezza; solo in questo modo, infatti, l’attività fisica sarà in grado di far esperire sensazioni, emozioni e indurre pensieri, attivando così l’intera psicologia del soggetto e non solo il suo apparato motorio.


 

www.Psicologo-Enricochelini.it

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Chi Sono...

  • : Dr. Enrico Chelini - Psicologo Livorno
  • : Temi di carattere Psicologico rivolti alla salute e al benessere. Il Blog è gestito dal Dr. Enrico Chelini Dr. Magistrale in Psicologia Sperimentale, coach, Ipnotista di 1° livello, specializzando in Psicoterapia Breve Strategica presso il CTS di Arezzo diretto dal Prof. Giorgio Nardone. Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Toscana al n° 5887. Fondatore dell'Associazione Umanitaria Serendipity. Via delle Galere n°40 Livorno Via Provinciale Pisana n°3 Livorno w
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